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Ludopatia

Ludopatia, un termine che non rappresenta solo un fenomeno sociale, ma è una vera e propria malattia, che rende incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse. Cos'è la ludopatia? Quali sono i sintomi della ludopatia? Come diagnosticare o prevenire la ludopatia?

 

Cos'è la ludopatia?

Per ludopatia (o gioco d’azzardo patologico) si intende l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze.
Per continuare a dedicarsi al gioco d’azzardo e alle scommesse, chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. Questa patologia condivide alcuni tratti del disturbo ossessivo compulsivo, ma rappresenta un’entità a sé.

La ludopatia è una condizione molto seria che può arrivare a distruggere la vita.
Durante i periodi di stress o depressione, l’urgenza di dedicarsi al gioco d’azzardo per le persone che ne sono affette può diventare completamente incontrollabile, esponendoli a gravi conseguenze, personali e sociali.

La ludopatia può portare a rovesci finanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio, alla perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol fino al suicidio.

Le cause della ludopatia non sono note ma potrebbero consistere in un insieme di fattori genetici e ambientali.

Tra i maschi in genere il disturbo inizia negli anni dell’adolescenza, mentre nelle donne inizia all’età di 20-40 anni.

Secondo alcune stime americane la ludopatia può interessare il 2-4% della popolazione, rappresentando dunque anche un importante problema di salute pubblica.
Secondo alcuni autori, la ludopatia è la patologia da dipendenza a più rapida crescita tra i giovani e gli adulti.

Il Decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 convertito con modificazioni dalla Legge 8 novembre 2012, n. 189, ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia.

Quali sono le cause della ludopatia?

Le cause della ludopatia non sono note ma potrebbero consistere in un insieme di fattori genetici e ambientali.

Esistono tuttavia delle condizioni che possono facilitare la comparsa della dipendenza da gioco:

  • essere affetti da altri disturbi comportamentali (es. l’ADHD, sindrome da deficit di attenzione e iperattività), da disturbi dell’umore (es. depressione, sindrome bipolare ecc.) o presentare problemi da abuso di sostanze. Anche i soggetti “schiavi del lavoro”, molto competitivi e iperattivi sono a rischio
  • l’età. La ludopatia è in genere più frequente tra i giovani (nelle donne esordisce più tardivamente nel corso della vita)
  • appartenere al sesso maschile - Questo disturbo è più comune tra gli uomini, anche se negli ultimi anni le statistiche fanno percepire un cambiamento di tendenza, con il disturbo che sta arrivando ad interessare in ugual misura i due sessi. Le donne si ammalano di ludopatia più avanti negli anni rispetto agli uomini e sono in genere depresse: il gioco d’azzardo diventa per loro un modo per sfuggire ai problemi e ai pensieri di depressione. Possono diventare dipendenti dal gioco d’azzardo più velocemente
  • la familiarità. Nelle famiglie dedite al gioco d’azzardo è più facile per i figli arrivare a sviluppare la ludopatia
  • farmaci per il Parkinson. I farmaci cosiddetti dopamino-agonisti possono avere, come effetto collaterale, quello di provocare comportamenti compulsivi (tra i quali il gioco d’azzardo) in alcuni pazienti.

Sintomi e segni della ludopatia

Nell'edizione di maggio 2013 del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV) il gioco d'azzardo è stato inquadrato nella categoria delle cosiddette "dipendenze comportamentali".

Le persone affette da ludopatia, infatti, presentano comportamenti e atteggiamenti peculiari:

  • sono molto presi da pensieri riguardanti il gioco d’azzardo, ripensano spesso a esperienza di gioco e di scommesse passate, programmano nuove giocate e cercano di trovare il modo di procurarsi denaro per andare a giocare
  • hanno bisogno di aumentare sempre più la posta per eccitarsi (esattamente come avviene per le droghe)
  • anche se cercano più volte di controllarsi, ridurre o abbandonare l’abitudine al gioco d’azzardo, non ci riescono
  • tutte le volte che cercano di controllarsi e di resistere all’impulso di cedere a una scommessa o al gioco d’azzardo, diventano estremamente irascibili e nervosi
  • considerano il gioco d’azzardo un modo per sfuggire ai problemi o per trovare sollievo a disturbi dell’umore (es. sentimenti di impotenza, di colpa, ansia e depressione)
  • dopo aver perso soldi con le scommesse o il gioco d’azzardo tendono a tornare sui propri passi per rifarsi (inseguono le loro perdite)
  • mentono costantemente alla propria famiglia, al medico (psicologo), agli altri per nascondere fino a che punto sono coinvolti nel gioco d’azzardo
  • per trovare i soldi per il gioco d’azzardo, spesso ricorrono ad azioni illecite (falsificazione, frode, furto o appropriazione indebita)
  • a causa del gioco d’azzardo queste persone arrivano a mettere in pericolo o a compromettere relazioni importanti, il lavoro, opportunità scolastiche o di carriera
  • possono trovarsi costrette a chiedere aiuto agli altri (amici o familiari) per trovare il denaro necessario per far fronte a situazioni finanziarie disperate, causate dal gioco d’azzardo.

Secondo il DSM-IV basta che siano presenti almeno 5 di questi comportamenti perché si possa parlare di ludopatia.

Diagnosi della ludopatia

Il primo passo verso la diagnosi della ludopatia consiste nel dare ascolto alle preoccupazioni di familiari, amici o colleghi di lavoro circa il ruolo che il gioco d’azzardo sta assumendo nella vita di un individuo.

Le persone affette da ludopatia solitamente negano e arrivano a nascondere anche a loro stessi la gravità della loro dipendenza dal gioco d’azzardo. È molto difficile, dunque che riescano ad essere obiettivi circa la loro condizione.
Per questo è importante l’aiuto e il supporto di amici e familiari nel convincerli a rivolgersi a uno specialista.

La diagnosi di ludopatia si basa sui criteri indicati dall’American Psychiatric Association (APA) nel Diagnostic and Statistical Mmanual of Mmental Ddisorders (DSM-IV).

Terapia per la ludopatia

Il trattamento della ludopatia viene scelto dal medico sulla base delle caratteristiche del paziente e può basarsi sulla psicoterapia, sulla terapia farmacologica e sul ricorso a gruppi di auto-aiuto (per esempio i Gamblers Anonymous-Scommettitori Anonimi).

Le forme di psicoterapia più utilizzate sono di tipo:

  • cognitivo-comportamentale
  • cognitivo
  • comportamentale di gruppo.

I farmaci non sono necessari per tutti i pazienti. Il loro uso è riservato allo specialista psichiatra, dopo attenta valutazione delle condizioni del paziente.
Tra i farmaci più comunemente utilizzati ci sono:

  • farmaci antidepressivi
  • stabilizzatori dell’umore con effetti anti-impulsività
  • antagonisti dei narcotici.

 

Prevenzione della ludopatia

Non esistono forme di prevenzione della ludopatia. È consigliabile ai primi sintomi rivolgersi immediatamente a uno specialista per evitare che il problema peggiori o diventi cronico.

Di recente, attraverso l’articolo 7 del Decreto-legge 13 settembre 2012, è stato raccomandato ai “gestori di sale da gioco e di esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici, ovvero di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi” di “esporre, all'ingresso e all'interno dei locali, il materiale informativo predisposto dalle aziende sanitarie locali, diretto a evidenziare i rischi correlati al gioco e a segnalare la presenza sul territorio dei servizi di assistenza pubblici e del privato sociale dedicati alla cura e al reinserimento sociale delle persone con patologie correlate alla G.A.P.(Gioco d'azzardo patologico)”.

Viene inoltre raccomandato di “inserire formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro (…) schedine, tagliandi di gioco (…) su apposite targhe esposte nelle aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali (dedicati a gioco d’azzardo) e al momento dell’accesso dei siti Internet”.

La National Gambling Impact Study Commission (NGISC) americana raccomanda di sottoporre ad apposito training il personale dei casinò, addestrandolo a riconoscere i sintomi del gioco d’azzardo patologico, negando i loro servizi a questi clienti e fornendo loro con discrezione del materiale informativo su programmi di trattamento o gruppi di auto-aiuto approvati dallo Stato.

a cura del Ministero della Salute

 

 

Ludopatia e prevenzione, un Piano Nazionale d'Azione del G.A.P.

Gioco dAzzardo Patologico, per la prevenzione della ludopatia. Piano triennale. Si definisce Gioco DAzzardo Patologico (GAP), secondo il manuale diagnostico-terapeutico delle malattie psichiatriche dellAmerican Psychiatric Association, un disturbo del controllo degli impulsi, che consiste in un comportamento di gioco persistente, ricorrente che compromette le attività personali, familiari o lavorative.

Il gioco d'azzardo patologico è stato classificato nell'area delle dipendenze (addictions) per le similarità tra il GAP e le dipendenze da alcol e altre sostanze d'abuso.
Scarica il Piano Nazionale d'azione del GAP per la prevenzione della ludopatia.

 

Cyberbullismo ed educazione digitale. Intervista all'esperta di comunicazione Lara Motta.

Cyberbullismo, web-dipendenze, media education, l’Osservatorio e Sviluppo Comunicazione Sociale lancia l’allarme: grave carenza dei genitori nell’educazione al digitale.

Nonostante l’allarme crescente, solo 2 genitori su 10 controllano la navigazione online dei propri figli e solo 1 su 10 si preoccupa di attivare misure di protezione.

L’esperta di comunicazione Lara Motta: “Prima dei figli, urgentissimo educare i genitori”.

 

Il cyberbullismo è in aumento e rappresenta una vera e propria emergenza sociale.

Gli ultimi dati resi noti dalla Polizia Postale evidenziano come si possa essere vittime di bullismo in rete già a nove anni.

Un fenomeno che deve essere contrastato immediatamente agendo su un doppio binario: la prevenzione primaria da una parte, e la capacità di riconoscere e risolvere il cyberbullismo, quando in atto, dall’altra.

Lo stesso discorso vale per le nuove dipendenze tecnologiche, come internet, smartphone e tablet. In entrambi i casi, protagonisti indiscussi sono i genitori che, insieme alle istituzioni scolastiche, giocano un ruolo primario nella battaglia contro i risvolti negativi che spesso porta con sé la rivoluzione digitale. Un ruolo che però sembra non essere ancora chiaro ai più.

 

E’ quanto emerge dai primi dati raccolti all’interno dell’indagine condotta dal Centro Studi dell’Osservatorio e Sviluppo Comunicazione Sociale (www.comunicazionesociale.org) parte del più ampio progetto “Non lasciarmi solo”, rivolto ai genitori dei nativi digitali.

 

Inadeguatezza dei genitori

“La tecnologia e la sua portabilità, stanno andando molto più velocemente della presa di coscienza di genitori, adulti e, spesso, istituzioni”- spiega Lara Motta, esperta di comunicazione e Presidente dell’Osservatorio. “A farne le spese sono i nativi digitali che sono i primi a sperimentare, sulla propria pelle, il lato oscuro dei social e le conseguenze di una ipertecnologizzazione, spesso alienante, della vita e della società. Bambini e ragazzi che crescono in compagnia della tecnologia come elemento naturale, senza però ricevere, di contro, una reale guida o un’educazione al loro utilizzo critico. Nella maggior parte dei casi si riscontra l’assenza di un controllo e di una formazione continuativa e concreta, sia da parte dei genitori sia della scuola”.

 

“La cosa più sorprendente – prosegue Lara Motta - è notare come molti di questi genitori siano attenti, e talvolta addirittura apprensivi, in tutti gli altri ambiti della vita quotidiana dei figli, salvo poi dimostrare un’allarmante superficialità nel controllo e nell’educazione dei loro bambini e ragazzi quando si tratta dell’uso (e abuso) della rete e dei dispositivi tecnologici. Basti pensare che un’azione semplice come l’attivazione delle modalità di protezione, che bloccano la navigazione verso siti inadatti ai ragazzi e con contenuti potenzialmente discutibili, viene effettuata solo da 1 genitore su 10 ”.

 

Inesperienza o superficialità?

Cosa si cela dietro a un atteggiamento, spesso noncurante, del genitore?

Come spiega Lara Motta, i motivi sono molteplici:

“Spesso si tratta di genitori inesperti nei confronti delle nuove tecnologie, perché anagraficamente o culturalmente distaccati.

Altre volte, invece, si nascondono dietro alla scusa dell’inarrestabile progresso, per giustificare una certa pigrizia nel controllo dei propri figli. Sono sempre più frequenti i casi in cui la tecnologia diventa un vero e proprio sostituto del genitore, il quale approfitta del mezzo tecnologico come strumento privilegiato d’intrattenimento del bambino, fin dai primi anni di vita, favorendone in alcuni casi la dipendenza.

Altri genitori sono semplicemente ingenui: spesso, pur essendo loro stessi utenti dei social network, non si rendono conto fino in fondo dei rischi che si possono correre online, per superficialità o per mancanza di una formazione mirata. Non sono in grado di tutelare la propria privacy, tantomeno quella dei figli.

Alcune volte, invece, sono gli stessi genitori ad avere in rete una condotta scorretta, forti di una percezione, spesso errata, d’impunibilità nella vita virtuale. E’ chiaro che hanno bisogno, in primis, di essere loro stessi oggetto di importanti percorsi di rieducazione e che quindi non possono rappresentare una guida valida per i propri figli”.

 

Responsabilizzare i genitori

Oggi si può sempre più facilmente trovare, sia nella vita quotidiana sia online, materiale informativo sui rischi connessi all’uso delle nuove tecnologie e sul cyberbullismo.

Eppure questo non basta.

Nonostante l’informazione crescente, i dati e le ricerche mettono in evidenza una reale mancanza di controllo da parte dei genitori nella vita online dei propri figli.

E’ quanto emerge anche dai primi dati raccolti dall’Osservatorio all’interno del progetto “Non lasciarmi solo”, secondo i quali solo 2 genitori su 10 conosce o controlla la navigazione online dei propri figli.

 

“Il problema principale – spiega Lara Motta - è che molti genitori ancora sottovalutano la questione. La percepiscono come qualcosa di lontano. Credono di avere la situazione sotto controllo e non si rendono conto realmente del ruolo primario che devono ricoprire nel processo di prevenzione. Questo comporta che il materiale informativo, il più delle volte, sia ricercato quando già è troppo tardi, quando ormai ci si trova coinvolti direttamente nella spirale del cyberbullismo o della dipendenza da social. Ciò significa che ancora non esiste una consapevolezza reale del fenomeno, di come ci si arriva, delle sue implicazioni e dei risvolti nascosti”.

 

Una situazione che richiede misure immediate, soprattutto nella prevenzione primaria:

“E’ necessario coinvolgere tutti i genitori in una presa di coscienza collettiva. E’ dovere di noi adulti conoscere a fondo gli strumenti tecnologici che consegniamo nelle mani dei nostri figli, spesso con grande leggerezza o ingenuità. Non si tratta di giocattoli”.

 

Come in qualsiasi altro ambito della vita, l’adulto deve raggiungere la consapevolezza che i bambini e i ragazzi vanno controllati, educati, responsabilizzati e messi al riparo da insidie e pericoli della rete.

 

“Per questo motivo  – spiega Lara Motta -  bisogna aumentare esponenzialmente la comunicazione sociale nei confronti dei genitori e degli adulti, affinché siano in grado di assolvere il loro dovere imprescindibile di educatori all’uso, e non abuso, critico ed etico delle nuove tecnologie e dei social media. I genitori devono essere un punto di riferimento per i figli sia nella vita reale, sia in quella digitale”.

 

Educare i genitori per educare i figli.

Prima di concedere ai propri figli l’accesso alle nuove tecnologie, il genitore ha il dovere, innanzitutto, di prendere coscienza delle proprio livello di competenza in ambito web e social. Ma quante volte questo accade nella realtà? Quante sono le famiglie in cui il figlio è tecnologicamente più avanzato di mamma e papà?

 

“Qualsiasi genitore – spiega Lara Motta - deve raggiungere la consapevolezza che rientra nei propri doveri fondamentali essere in grado controllare sistematicamente l’approccio dei figli verso le nuove tecnologie, di spiegare le insidie che nasconde la rete, le precauzioni da adottare e la condotta che devono e non devono tenere nel mondo virtuale. Esattamente come farebbero nella vita reale. Ma per ottenere questo risultato, e favorire una nuova mentalità negli adulti, bisogna attuare urgentemente un programma continuativo di comunicazione e di sensibilizzazione su scala nazionale che si rivolga direttamente ai genitori, seguito da una maggiore informazione e formazione, attraverso nozioni pratiche che possano essere facilmente attuabili anche da chi non possiede conoscenze informatiche pregresse.

 

La scuola, in primis, rappresenta ancora una volta, il canale di comunicazione privilegiato.

“Già dalla scuola materna – prosegue Motta - è fondamentale iniziare a fornire ai genitori le giuste informazioni e coinvolgerli nel loro ruolo di educatori nei confronti dei nativi digitali. Per essere certi che l’informazione raggiunga tutti i genitori in maniera capillare, non è sufficiente organizzare conferenze nelle scuole e affidarsi alla volontà e all’adesione dei singoli, seppur queste rappresentino un ottimo strumento che deve essere comunque implementato in tutte le strutture scolastiche. E’ necessario assicurarsi di raggiungere tutti. Ogni occasione di contatto con i genitori deve rappresentare per le istituzioni un’opportunità imperdibile per trasmettere il problema come qualcosa di tangibile e di potenzialmente presente nella vita di ciascuno.

Famiglia e scuola devono insieme educare i giovani al rispetto della persona anche nella vita digitale, e condurli a un utilizzo consapevole e moderato delle nuove tecnologie”.

 

Un uso che deve essere non solo commisurato all’età, ma anche al senso di responsabilità e al livello di maturità della persona.

 

Modelli di riferimento dei minori e incidenza sul bullismo.

“Un programma di educazione digitale nelle scuole è indispensabile, ma non è sufficiente. Sono necessari, parallelamente, programmi specifici improntati sul rispetto della persona. Perché alla base del bullismo, esiste anche un’emergenza sociale che riguarda i modelli di riferimento dei minori”, spiega Lara Motta.

 

Come ha evidenziato Elena D'Amato, vice questore della polizia postale, ci sono modelli violenti nei giochi, nella pubblicità e nei cartoni animati che inculcano una normalizzazione della violenza e che a lungo andare incidono.

 

“La violenza è stata sdoganata a tal punto che si sta quasi rinunciando a proteggere i nostri figli dai modelli negativi, proprio perché giungono da ogni direzione”, sottolinea Motta. “La loro mente è continuamente iperstimolata da modelli di comunicazione totalmente inadatti alla loro età. Questo provoca un’assuefazione tale alla violenza da renderla normale, e non eccezionale. Si spoglia della sua valenza negativa e si riveste di quotidianità. Ecco perché poi, agli occhi dei giovani, non appare così sbagliato se la voglia di condividere video sui social network diventa il movente per compiere atti di bullismo. Atti che si realizzano nell’indifferenza, se non nel divertimento, di chi assiste, riprende, commenta. Nulla sembra più così grave”.

 

Ecco perché la scuola deve rappresentare, insieme alla famiglia, il luogo dove si ristabilisce la normalità, dove si ridisegnano i confini, dove si apprende cosa è sbagliato e cosa non lo è. Una voce forte contro tutte le altre, dove viene rafforzata l’educazione al rispetto della persona, propria o altrui, fin dai primissimi anni di vita.

 

Adolescenti e gioco d’azzardo: ecco i risultati della ricerca del Sert e dell’Università

Prevenire la ludopatia. Il 72% degli adolescenti ha dichiarato di aver praticato gioco d’azzardo almeno una volta negli ultimi dodici mesi. I giochi più praticati sono risultati le lotterie istantanee, (56%), seguite dalle scommesse sportive (52%) e dai giochi con le carte (37%).

 

L’indagine è stata condotta nel Quartiere 5 di Firenze dall’unità funzionale SERT C in collaborazione con la professoressa Caterina Primi e la dottoressa Maria Anna Donati del Dipartimento Neurofarba, Sezione Psicologia, dell’Università degli Studi di Firenze. La ricerca  è stata svolta in alcune scuole secondarie di 2° grado, Centri Diurni e Centri di Formazione Professionale del quartiere fiorentino.

 

Sono stati coinvolti 390 adolescenti  con un’età compresa tra i 16 e i 24 anni, ai quali è stato proposto un questionario finalizzato a rilevare eventuali livelli di rischio rispetto all’abitudine al gioco d’azzardo.

Il questionario, individuale ed anonimo, permetteva di indagare le abitudini dei ragazzi e di evidenziare eventuali comportamenti  a rischio e ludopatia.

 

“Ormai l’incremento dell’offerta dei giochi d’azzardo è nota a tutti; si può giocare ovunque e in qualsiasi momento ed inoltre, essendo le riscossioni delle vincite immediate, anche per i giovani un’attività che inizialmente viene vissuta come ludica può  trasformarsi in problematica e creare dipendenza” –spiega il direttore del Sert, la dottoressa Adriana Iozzi -. Le scommesse sportive, complessivamente, sono quelle che gli adolescenti hanno dichiarato di praticare con frequenza più elevata, settimanalmente o quotidianamente.

 

Sono diffuse anche le scommesse sui giochi di abilità (35%), e le lotterie tradizionali (25%). Il 15% ha dichiarato di utilizzare internet per i giochi on line, mentre  il 12% frequenta i locali dove ci sono le slot machine. E’ anche emerso che circa  il 70% pratica due o più attività di gioco d’azzardo.

 

L’82% degli adolescenti gioca senza presentare comportamenti problematici, il 7%  è risultato essere “giocatore problematico”, l’11% dei ragazzi è risultato a rischio.

 

Dopo la rilevazione sono stati effettuati interventi mirati a ridurre alcuni fattori di rischio quali le credenze erronee legate al gioco d’azzardo. Le fasi successive del progetto coinvolgeranno oltre agli studenti anche gli insegnanti e i genitori.

 

Proseguirà il monitoraggio dei comportamenti a rischio di dipendenza comportamentale negli adolescenti: gioco d’azzardo, internet, videogiochi. Tale monitoraggio verrà esteso anche alle scuole di primo grado. Inoltre verrà effettuata nel territorio del Quartiere 5 un’indagine sul comportamento del gioco d’azzardo tra la popolazione anziana frequentante i luoghi adibiti al gioco d’azzardo quali i circoli ricreativi.

 

Fonte:

Coordinamento Ufficio Stampa Azienda Usl Toscana Centro

Ludopatia: la fortuna non esiste. La matematica contro il gioco d'azzardo. Da Linkiesta

Avviso ai giocatori, nel Paese che spende di più per macchinette e gratta e vinci: l’unica certezza, nel lungo periodo, è la sconfitta. Perché chi gioca non conosce la matematica. Mentre chi ci guadagna, sì. E la sa usare molto bene.

di Francesco Cancellato

 

11,5 milioni di euro al giorno. Questo il giro d'affari delle 12mila sale da gioco virtuali e illegali di proprietà di Luigi Tancredi, arrestato il 14 gennaio insieme ad altre dieci persone. Gli inquirenti sostengono che quel denaro servisse a pagare gli stipendi del clan camorrista dei Casalesi. Una piccola parte di quel denaro, ovviamente. Perché 11,5 milioni di euro al giorno sono più o meno quanto Zlatan Ibrahimovic guadagna in un anno. E sono pari a circa 4,2 miliardi di euro all'anno, più o meno quanto il governo stanzierà ogni anno, da qui al 2020, per combattere l'inquinamento e i cambiamenti climatici.

La cosa buffa, però, è che queste cifre iperboliche non sono che la punta dell'iceberg del giro d'affari del gioco - “d'azzardo” non si potrebbe dire, teoricamente - in Italia: un settore che muove un giro d'affari di circa 80 miliardi di euro. Giro d'affari che più che raddoppia, se ci mettiamo anche i 130 miliardi stimati che muove il gioco illegale e clandestino.

Nessun Paese al mondo gioca quanto l'Italia. Secondo il Global Gaming and Betting Consultancy, nel 2014 gli italiani hanno perso al gioco 17,8 miliardi di euro. Una cifra che, in valore assoluto, fa di noi il quarto paese più “spennato” al mondo e che dal 2001 è triplicata. Grandi protagonisti della nostra ludopatia sono le slot machine e i gratta e vinci. Se si considerano le sole macchinette, siamo il paese che gioca di più al mondo. E un gratta e vinci ogni cinque stampati nel pianeta viene acquistato in Italia.

Insomma: siamo un’anomalia. E secondo Marco Verani, professore di matematica al Politecnico di Milano, la causa è soprattutto una: «Siamo un Paese di analfabeti matematici - spiega -, in cui un sacco di gente ammette di non capire nulla di matematica, senza prova il senso di vergogna o disagio che mostrerebbe se dicesse che non sa leggere o scrivere. Il pensiero scientifico, in Italia, non viene visto come uno strumento che serve per navigare la realtà». Tranne, ovviamente, da chi progetta e guadagna con il gioco, che la matematica la conosce eccome.

Così Verani, insieme ad alcuni colleghi professori e ricercatori, ha creato Bet on math, un progetto finanziato dal 5 per mille del Politecnico di Milano che lui stesso definisce di “matematica civile”: «Vogliamo fornire ai ragazzi, ma non solo, un percorso di insegnamento della probabilità per dar loro gli strumenti per interpretare il gioco e l'azzardo da un punto di vista razionale, non magico. Vogliamo far capire loro quanto sia facile perdere e quali siano gli errori logici attraverso cui si finisce per buttare via un sacco di soldi in macchinette e gratta e vinci, fino a diventarne dipendenti».

Si tratta, soprattutto, di lavorare attorno a tre concetti chiave, il primo dei quali è quello di probabilità. Il motivo è piuttosto semplice: se è relativamente semplice, anche per un bambino, quantificare cosa significhi avere il 50% di probabilità che un determinato evento accada è molto più difficile capirlo quando le cifre diventano infinitamente superiori: «Per un tipo di Gratta e Vinci che si chiama "Il Miliardario" vengono emessi ogni anno 30 milioni di biglietti - spiega Verani -. Cinque tra loro valgono 500mila euro. La probabilità di vincere è una su sei milioni, quindi. È tanto? È poco? Davanti a un numero così piccolo la gente è un po' persa».

 

 

Così Verani ricorre a un esempio: «Un gratta e vinci è lungo 15 centimetri - spiega -: se ne mettiamo sei milioni uno accanto all'altro, otteniamo una fila lunga 900 chilometri, la distanza che separa Milano da Monopoli, in Puglia. Una fila in cui c'è solo un biglietto vincente. Ecco cosa vuol dire uno su sei milioni».

Non è solo una questione di probabilità, tuttavia. Perché quando non sono gli ordini di grandezza a contare intervengono altri meccanismi psicologici che sospendono la razionalità e convincono il giocatore a tentare la sorte. Con le slot machine, ad esempio, il diavolo tentatore si chiama “quasi vincita”: «Accade spesso che, anche in caso di sconfitta, il simbolo immediatamente successivo o precedente a quello che è uscito sia quello che avrebbe garantito una vincita - spiega Verani -.. Quando accade il giocatore ha la percezione di aver quasi vinto, di esserci andato vicino e questo lo spinge a giocare di nuovo».

Peccato che la quasi vincita non esista, è un pensiero irrazionale, perché ogni giocata è indipendente dalla precedente, in qualunque gioco. E ci caschiamo più spesso di quanto crediamo: «Stiamo giocando a testa e croce e dieci volte di fila viene fuori testa. All'undicesimo lancio ti chiedo di scommettere. Tu cosa scommetteresti?», chiede Verani. Di pancia, la risposta è immediata: croce: «Sbagliato. C'è la stessa probabilità che esca testa o croce. La legge dei grandi numeri non esiste, nel gioco. Non esiste alcun riequilibrio nella matematica, nessuna compensazione».

 

Una sola cosa è certa, a ben vedere: la sconfitta. Ed è questo il motivo per cui chi di mestiere fa il “banco” guadagna così tanto: «Nel lungo periodo la macchinetta, in media, ti restituisce il 75% di quello che giochi - racconta ancora Verani -. È un gioco iniquo. Tutti i giochi d'azzardo sono iniqui». Anche i gratta e vinci: «Il costo del biglietto è di 5 euro e il premio medio è 3,5 euro - continua -Se tu continui a giocare tutti i giorni, la sicurezza che hai è che per ogni 5 euro che spendi te ne tornano 3,5».

Per far comprendere questa evidenza, Verani e i suoi colleghi hanno creato un simulatore dei diversi giochi, una app per lo smartphone. Serve a dimostrare, senza perdere soldi, che con un numero alto di giocate si perde sempre: « Perché chi gioca poco, o poco alla volta, non ha la minima percezione di questo. La fortuna non esiste, nel lungo periodo. Il gioco è studiato perché alla lunga non puoi che essere sfortunato». Alla faccia del folklore, del pensiero magico e dei quadrifogli nel taschino.

 

Fonte

Linkiesta.it

L’Italia che azzarda: dati, bilanci e proiezioni finali del 2015

La spesa netta degli italiani nel 2015 sarà di circa 16,8 miliardi di euro contro i 17,5 miliardi dellanno precedente, in calo del 3,6%. Cresce invece la raccolta complessiva del settore giochi che si attesta intorno agli 88 miliardi di euro contro gli 84,2 del 2014.

di Alex di Maggio

 

Questa apparente antinomia possiede tuttavia una spiegazione tecnica: a crescere sono stati infatti quelle categorie di giochi dal payout - ossia la percentuale che viene restituita ai giocatori sotto forma di vincite - particolarmente elevato, in particolare le Vlt per il gioco fisico e le scommesse sportive, il poker e i casinò games per l’online, che hanno percentuali di ritorno in vincita superiori al 90%, con punte del 97%. Il peso di queste giocate ha pertanto influito sulla spesa finale complessiva che proprio per l’alto numero di vincite è calata rispetto al 2014.

Secondo le stime elaborate nei giorni scorsi da Agimeg gli apparecchi da intrattenimento (new slot e vlt) dominano ancora le scene con oltre 9,4 miliardi di euro (il 56% della spesa totale), ma il totale è in calo dell’1,7% rispetto ai 9,6 miliardi del 2014. Se la spesa nelle new slot ha sfiorato i 6,7 miliardi (+3,7%), quella nelle Vlt è scesa del 12,8% assestandosi 2,78 miliardi.

Slot machine, il numeri del parco macchine nel nostro Paese

In Italia sono attualmente in funzione 340.785 new slot, le classiche slot che si vedono in bar e tabacchi, e 51.971 videolottery, le macchinette 2.0 capaci di erogare premi fino a 500mila euro e  autorizzate solo in ambienti dedicati. Sono inoltre state censite altre 34.077 slot ricoverate nei magazzini. È questo il valore del parco macchine al momento nel Paese.

 

NEW SLOT: NUMERI E DISTRIBUZIONE PROVINCIA PER PROVINCIA

Analizzando il numero di apparecchi in esercizio provincia per provincia, sul gradino più alto del podio c’è Roma con 21.005, seguita da Milano con 15.723 apparecchi e Napoli con 14.804. In fondo alla classifica troviamo Enna con 516, Ogliastra con 365 e fanalino di coda, Pesaro, con solo 85 slot.

Il concessionario che conta la maggior rete di new slot è Lottomatica Videolot (58.888 awp) seguita dagli altri colossi Snai, Cogetech e da Bplus (54.296 slot). Sempre per quanto riguarda le new slot, considerando però solo le macchine in uso, Sisal Entertainment controlla 32.931 macchine; Gamenet 30.869; Hbg Connex 30.528; Admiral Gaming Network 22.562; Codere Network 17.959; Cirsa Italia 13.261; Intralot 10.266; NetWin Italia 7.506; NTS Network 6.419.

VLT: NUMERI E DISTRIBUZIONE PROVINCIA PER PROVINCIA

Complessivamente in Italia sono presenti 51.939 vlt installate in 4.864 sale da gioco. In questo caso le tabelle ministeriali riportano una suddivisione in province: la Lombardia detiene il primato 9.798 apparecchi e 804 sale sul territorio; seguita da Lazio con 6.480 macchine in 538 sale ed Emilia Romagna con 5.215 apparecchi in 431 sale. Le tre regioni con meno vlt presenti sono Molise con 258 apparecchi in 29 sale, Basilicata con 270 macchine in 37 sale e la Valle d’Aosta con 105 macchine in 8 sale

Per quanto riguarda le vlt, i maggiori operatori sono Lottomatica Videolot (11.091 vlt in 781 esercizi) Snai-Cogetech (9.871 vlt in 1.267 esercizi) e Gamenet (7.325 macchine in 657 locali). Seguono Bplus (5.982 vlt in 468 esercizi); Sisal Entertainment (5,239 macchine in 635 locali), Hbg Connex (4.688 macchine in 454 locali); Admiral Gaming Network (2.676 macchine in 178 locali) Cirsa Italia (2.546 machcine in 228 locali), Codere Italia (1.442 macchine in 59 esercizi) Nts Network (496 machcine in 39 locali) Netwin Italina (336 apparecchi in 36 locali), Intralot Gaming Macines (279 macchine in 62 esercizi).  

FINE 2015: 15MILA PUNTI SCOMMESSE OPERATIVI E 5MILA ILLEGALI

Attualmente, il totale dei diritti attribuiti sulla rete legale dei giochi, che offrono scommesse sportive e/o ippiche, mediante negozi che effettuano prevalentemente attività di gioco (negozi) ovvero che effettuano prevalentemente altre attività (corner) è di circa 17.000 (di cui 2.196 emersi ai sensi dell’articolo 1, comma 643, della legge n. 190 del 2014). I punti vendita operativi sono circa 15.000. Detta differenza è determinata, in gran parte, dalla presenza di corner che possono offrire esclusivamente gioco ippico, attualmente di scarsa attrattività e redditività ma che potrebbero, in qualsiasi momento, tornare operativi allorquando potessero offrire anche scommesse sportive, come prevede la norma in esame per la nuova gara. Inoltre, sul territorio insistono circa 5.000 punti che offrono scommesse sportive e ippiche privi di concessione e non collegati al totalizzatore nazionale”. La conferma viene direttamente dal sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, intervenuto recentemente in commissione Finanze all’interrogazione parlamentare del deputato Paglia (Sel), con cui chiedeva di conoscere il numero delle slot e delle vlt attualmente installate nel nostro Paese.

La legge di Stabilità 2016, attualmente all’esame della Camera dei deputati, prevede in vista della scadenza delle concessioni, l’attribuzione con gara da indire dal 1 maggio 2016, di 10.000 agenzie e 5.000 corner, di cui fino a un massimo di 1.000 tra bar e tabacchi: “si tratta di punti vendita fisici che non rappresentano nuovi punti di scommesse in quanto andranno a sostituire i punti vendita oggi esistenti (che, peraltro, da 17.000 diminuiranno a 15.000). Nei punti di vendita fisici non è consentito il gioco on line”, ha spiegato Zanetti. Per quanto riguarda la spesa per il gioco, “va precisato che l’importo di 84,5 miliardi di euro si riferisce alla raccolta registrata nell’anno 2014. Tuttavia, la spesa è determinata sottraendo dalla raccolta le somme restituite in vincite, che ammontano mediamente all’80 per cento della raccolta stessa. Pertanto, la spesa per il gioco, da contrapporre, eventualmente, alla spesa complessiva delle famiglie, è pari a circa 17 miliardi di euro e non a 85,45 miliardi di euro”. 

Dal report pubblicato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, relativo ai primi dieci mesi del 2015, è emerso che le scommesse sportive giocate in agenzia hanno toccato gli 1,2 miliardi. Napoli resta in vetta alla classifica delle città italiane dove si è giocato di più, con 379.746.191,75 euro, seguita a ruota da Roma con 168.271.838 euro e da Milano con 128.911.854 euro

Sul fronte dell’ippica le scommesse in agenzia hanno raggiunto circa 45 milioni di euro da gennaio a ottobre. Questa volta è Milano la città con il maggior numero di giocate, toccando i 7.006.270 euro. Napoli medaglia d’argento a 6.439.532 euro e Roma di bronzo con 6.290.266 euro.

LOTTA ALLE SCOMMESSE ILLEGALI: ACCORDO STORICO

Essa (European Sport Security Association) e il provider Perform Group hanno firmato un accordo per lo scambio di informazioni su flussi anomali di scommesse. La collaborazione tra i due colossi è finalizzata alla lotta del match fixing - battaglia contro la manipolazione delle partite e degli eventi sportivi - attraverso una sofisticata interpolazione dei dati per ottimizzare la rilevazione e l’analisi delle attività sospette nelle scommesse sportive.  “Crediamo che i dati di qualità e la condivisione di informazioni possano avere un impatto significativo nel rafforzare l'integrità degli eventi sportivi e siamo impegnati a lavorare con quelli che condividono la nostra visione", afferma Matthew Drew, direttore di integrità e sicurezza a Perform Group, che lavora a stretto contatto con molti dei principali detentori al mondo di diritti sportivi e società di scommesse regolamentate AAMS.

ENTRATE ERARIALI DAI GIOCHI CRESCONO DELLO 0,9% NEI PRIMI 10 MESI DELL'ANNO

Crescono ancora le entrate erariali relative dai giochi, come riporta il Bollettino diffuso nelle scorse settimane dal Ministero delle Finanze. Le entrate relative ai settore dei giochi  includono  varie  imposte  classificate  come  entrate  erariali  sia  dirette che  indirette: in valore assoluto risultate  pari  a 8.791 milioni  di  euro. Considerando solo  le  imposte  indirette,  il  gettito  delle  attività  da  gioco  (lotto,  lotterie  e  delle  altre  attività  di  gioco)  è  di 8.544 milioni di euro (+76milioni di euro, pari a +0,9%). Il Lotto cresce del 6,9%, per un totale di 5.222 milioni (i proventi sono considerati al lordo delle vincite); da slot e altri apparecchi, le entrate tributarie ammontano a 2.882 milioni (-7%), in calo anche le altre attività di gioco che in nove mesi hanno totalizzato entrate per 255 milioni (-15,9%). Guardando complessivamente ai primi 10 mesi dell'anno le entrate tributarie erariali, accertate in base al criterio della competenza giuridica, ammontano a 301.137 milioni di euro, con un aumento del 3,4% (+9.862 milioni) rispetto allo stesso periodo del 2014.

 

Fonte:

http://www.gamingreport.com/notizie/leggi/litalia-che-azzarda-dati-bilanci-e-proiezioni-finali-del-2015#sthash.erqYd54J.dpuf